Ferrarese di nascita, nel 1912, Severino Artioli, all’età di soli sette anni, si reca a bottega, nel doposcuola, per imparare il mestiere di calzolaio. Alla fine della guerra, acquista un banchetto con tutti gli arnesi necessari e comincia a lavorare per proprio conto.
Le calzature, infatti, sono ancora tutte fatte a mano, su misura, e sono rare le esperienze di industrializzazione della lavorazione della scarpa.
Fra queste, nasce proprio a Ferrara una delle prime fabbriche di calzature pret à porter, la Zenith, che avvia la produzione con macchine di provenienza statunitense prese soprattutto a noleggio.
Severino Artioli viene assunto da questo calzaturificio, facendo rapidamente carriera al suo interno. Le speranze di nomina a direttore, dopo la morte improvvisa del proprietario, di cui Artioli è il beniamino, vengono però disattese dalla scelta, per questa posizione, di un altro tecnico.
Severino Artioli, offeso e deluso, si licenzia quindi dalla Zenith e inizia un lungo periodo di consulenza in vari calzaturifici per tutto il centro e il nord dell’Italia. Nel 1932, Artioli diviene dirigente del Calzaturificio di Tradate; una ditta piuttosto grande, in verità, che contava negozi a Milano, Torino e Roma.
Qualche tempo dopo, lascia Tradate e lavora per il calzaturificio Battistini di Forlì, dove nel 1936 nasce suo figlio Vito.
Severino, per essere esonerato dalla chiamata alla armi, nel 1939 ritorna al Calzaturificio di Tradate come direttore generale, in quanto si producevano le scarpe per l’esercito italiano.
Intanto il desiderio di creare una propria fabbrica cova come il fuoco sotto la cenere: esattamente un giorno dopo la fine della guerra Severino si reca dal titolare e annuncia l’intenzione di mettersi in proprio.